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La novità: l'assistente materna.

16 OTT 2023

Nel 2024 nascerà, forse, una nuova professione: l’assistente materna. Per istituirla il Governo ha intenzione di stanziare tra i 100 ed i 150 milioni. Avrà il compito di accompagnare le madri nei primi sei mesi di vita del bambino con un rapporto personale diretto: non solo risponderà telefonicamente, o con video call, ma andrà direttamente a domicilio per sostenere le donne in questa prima fase della maternità.  Secondo gli ideatori di  questa nuova figura, che si inserisce nella famiglia, l’assistente materna risponderà ai tanti e piccoli quesiti che per le neomamme possono rappresentare dei grandi problemi, provocando un senso di inadeguadezza che può sfociare anche nella sindrome depressiva post partum. Sarà quindi compito della nuova figura professionale - già presente in Francia e nei Paesi nordici - spiegare come fasciare il piccolo, come comportarsi quando si fa il bagnetto al neonato o ha il singhiozzo o non smette di piangere.

Le reazioni del mondo della Sanità e della relazione d'aiuto non si sono fatte attendere.

"E' una sovrapposizione di competenze con le ostetriche, che non sono state neanche consultate". Così la presidente della Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni di Oestetrica.“Le cure post-natali a sostegno della neomamma rappresentano il ‘core’ dell’attività dell'ostetrica che, osservando e promuovendo la fisiologia, sa riconoscerne tempestivamente la deviazione e la comparsa di situazioni patologiche che possono richiedere l’intervento anche di altri specialisti. Restiamo sconcertate e indignate di fronte al fatto che il decisore possa creare nuove figure professionali che vanno a sovrapporsi per competenze a quelle già esistenti. Leggi l'articolo completo a questo LINK.

Un gruppo di pediatre, di psicologhe e di pedagogiste ha spiegato perché è dannosa l’invenzione dell’assistente materna, voluta dal governo Meloni. Il pensiero che si nasconde dietro questa proposta, che viene da un governo che millanta da mesi di voler dare sostegno alle famiglie, senza mai citare una volta la figura paterna; come se la donna fosse sempre sola, continuando a proporre, tra le righe, un tipo di rapporto madre-figlio esclusivo. Questa mentalità, da millenni, grava sui vissuti delle neomamme, che culturalmente sarebbero ancora coloro che danno l’identità al bambino. Questa nuova figura, secondo il governo, non necessita della laurea, ma di un corso di soli 6 mesi, in quanto è stata pensata per compensare o integrare quella rete familiare che, specie nelle grandi città, non porta più utili e pratici consigli alle neomamme. Dietro questo modo di vedere e proporre la relazione madre-figlio, c’è una totale negazione dell’identità dei due protagonisti della nascita: si nega la donna, relegandola al solo ruolo materno e si negano i vissuti del neonato. Viene proposto e promosso un servizio meramente assistenziale, che rischia di portare a percentuali ancora più elevate le patologie perinatali e, da quanto emerge dagli ultimi studi, anche i padri, alla nascita dei loro bambini, vengono coinvolti nell’esordio di patologie psichiche.  Leggi l'articolo completo a questo LINK.

Anche l’AICCeF ha fatto sentire la sua voce sulla stampa (Gazzetta di Napoli) con la presidente Stefania Sinigaglia, che ha sollevato tante obiezioni all'istituzione di questa nuova figura professionale: “Prendersi  cura in via esclusiva dei bisogni della madre, tralasciando quelli del padre potrebbe rivelarsi un intervento riduttivo e parziale oltre che rischioso. Difatti, andando a rafforzare il rapporto madre-figlio, che già di per sé si configura come esclusivo al momento della nascita, si rischierebbe di compromettere la relazione di coppia ingenerando nel padre vissuti di esclusione e di solitudine, favorendo atteggiamenti deresponsabilizzanti atti a pregiudicare, in una delicatissima fase di transizione del ciclo di vita della famiglia, sia la relazione coniugale che quella genitoriale”.

Auspicano all’AICCeF che ci si possa avvalere, invece di creare nuove figure, dei Consulenti familiari che lavorano sui territori da anni accompagnando coppie e famiglie ad affrontare le quotidiane problematiche  relazionali e sociali di tipo non patologico. “Considerando l’emergenza educativa, che le cronache non mancano di riportare quotidianamente alla nostra attenzione, sarebbe opportuno e funzionale – sostiene la rappresentante dell’associazione di categoria – affiancare alla coppia genitoriale la figura del Consulente Familiare, un professionista socio- educativo che in Italia esiste e opera da oltre settant’anni. Si tratta nello specifico di una figura professionale che vanta una formazione specialistica codificata dall’AICCeF e depositata al Mimit, ampiamente consolidata sul territorio nazionale, il cui operato è conforme a quanto sancito dalla Legge 4/2013”. L’AICCeF si rivolge direttamente alle Istituzioni.

“L’AICCeF intende allora rivolgere un appello al legislatore, auspicando la possibilità di dare spazio e rilievo a figure professionali adeguatamente formate già esistenti, il cui operato è andato sempre più consolidandosi sul territorio nazionale, dagli anni 40 ad oggi, nell’ambito della libera professione come dei Consultori privati. Pertanto la proposta, di cui si fa portavoce la Presidente dell’AICCeF, è volta a destinare parte dei fondi del Pnrr per l’istituzione di una Rete Territoriale di Consulenti Familiari in ogni Regione. Sappiamo bene come le strutture pubbliche siano al collasso, non riuscendo a coprire con le risorse attualmente disponibili l’enorme fabbisogno della popolazione”.  Lo stesso Sindaco Manfredi e l’Assessore Striano nell’ultimo convegno del maggio scorso a Napoli, in occasione della Giornata Nazionale della Consulenza Familiare  hanno auspicato una collaborazione sinergica di tali professionisti con le Istituzioni”.

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